
Il 65% dei giovani è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia.
E’ uno dei dati che emergono da una nuova indagine condotta da IPSOS per Save the Childen, che analizza opinioni, stati d’animo e aspettative di studenti tra i 14 e i 18 anni in Italia ai tempi del coronavirus.
Gli adolescenti, e sono due milioni e mezzo iscritti alle scuole superiori, ancora praticamente al 100% in didattica a distanza dopo quasi un anno di sviluppo della pandemia, disegnano con le loro risposte un quadro che fa suonare più di un campanello d’allarme sul loro futuro, e di conseguenza sul futuro della nostra società.
Primo, il rischio di dispersione scolastica. Si sta sviluppando infatti il fenomeno delle assenze prolungate, di fatto l’anticamera della dispersione scolastica. Il 28% degli intervistati afferma che dal primo lockdown c’è almeno un proprio compagno di classe che ha smesso completamente di frequentare le lezioni. Il 7% afferma che i compagni di scuola “dispersi” a partire dal lockdown sono tre o più di tre. Anche l’impoverimento generale delle famiglie è causa di abbandono degli studi.
Secondo, il livello di apprendimento. Si vocifera già, tra gli esperti del mondo del lavoro, che i laureati in questi anni avranno un’aurea negativa intorno che dovranno essere in grado di togliersi dimostrando le proprie capacità: si stima infatti che avranno una preparazione inferiore (e quindi uno stipendio inferiore) e questo sembra essere confermato anche da analisi a livello europeo di cui abbiamo già parlato nella nostra pagina. E cosa pensano invece i giovani della Didattica a distanza (dad) sul loro livello di apprendimento? Il 35% ritiene che la propria preparazione scolastica sia peggiorata. Per il 38% degli adolescenti la didattica a distanza è un’esperienza negativa. La principale difficoltà è rappresentata dalla fatica a concentrarsi per seguire le lezioni online e dai problemi tecnici dovuti alla connessione internet/copertura di rete propria o dei docenti. Guardando alle dotazioni dei ragazzi, infatti, quasi il 18% dichiara di aver a disposizione un dispositivo condiviso con altri e l’8% si trova a frequentare le lezioni in una stanza con altre persone. Anche qui, la differenza sociale può fare la differenza.
Ma veniamo al terzo punto, importantissimo, e difficilmente misurabile, l’impatto sulla vita sociale. Quello passato è stato un “anno sprecato” per il 46% degli adolescenti. L’85% dei ragazzi intervistati, comunque, afferma di aver capito quanto sia importante il contatto fisico. Nell’età in cui tutto è scoperta e nuova esperienza, il tema dei rapporti personali è fondamentale e tra le “privazioni” che i ragazzi hanno sofferto di più c’è sicuramente la mancanza del vissuto sentimentale.
Ne emergono giovani che dichiarano di stare pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia (65%), che non ritengono giusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro mentre loro non possono andare a scuola (42%) e che pensano che non tornerà mai più tutto come prima (74%). Giovani stanchi, incerti, preoccupati, impauriti ma, per fortuna, ancora molto interessati alla risposta delle Istituzioni: il 69% di loro, infatti, ha sentito in qualche modo parlare del Next Generation EU e una gran parte degli intervistati guarda con interesse alle possibilità che potrebbe offrire per il loro futuro, specialmente per l’inserimento nel mondo del lavoro. E, come facilmente si può intuire, emergerà anche qui un futuro con la forbice delle differenze economiche e sociali che si allarga ancora.
Sappiamo che la pandemia minaccia soprattutto gli anziani, ne minaccia la vita in modo crudele e diretto. Ma non dimentichiamoci dei giovani, non lasciamoli confinati in una stanza con il cellulare in mano a cercare di vivere al meglio che possono, tra un teorema spiegato online, un voto su una verifica che non riescono nemmeno a controllare e un enorme senso di solitudine davanti a questo mondo impaurito. Scrive W. Veltroni sul Corriere: “Per un ragazzo il «distanziamento sociale» è una pena più grave che per un adulto. Ricordarsene sempre. In un mondo adulto che è andato in confusione su tutto: vaccini, tamponi, terapie, governi, regole… l’unica cosa su cui tutti si sono sempre uniti è stata randellare i giovani se una sera uscivano, perfino essendo consentito, per vedere amici o semplicemente prendere un aperitivo.” Certo, è un argomento complesso e serve il rispetto delle regole, ma non dimentichiamoci che le persone fragili non sono solo gli anziani, ci sono anche i nostri ragazzi, e gli anni che passano in casa per loro sono ancora più pesanti: la maturità, i 16 anni, il primo anno nella nuova scuola, la festa dei 18. Sono momenti che non tornano, che sentono di avere perduto per sempre. Sono fragili, e i numeri di questa ricerca parlano chiaro, con la stessa forza delle percentuali dei contagi.